I fili di trazione antirughe. Il parere di tre esperti
Sottili e riassorbibili, in acido polilattico oppure in goretex. Una rimedio per chi vuole “rinfrescare” viso e collo senza affrontare bisturi e anestesia. Ma non tutti sono d’accordo sull’efficacia
Per capire la moda che ora solletica la vanità delle signore, immaginate un burattino. Solo che i tiranti non sollevano un piede, non imbastiscono una danza in un teatro per bambini. I cosiddetti fili di trazione, ultimo ritrovato estetico, tendono i tessuti e spianano. Quasi sempre in ambulatorio e in anestesia locale. Attraversano le guance e, arrivati agli zigomi, portano su la pelle. Via le rughe. Per un po’. Un tiraggio analogo è tentato da alcuni specialisti pure per le zone a rischio delle over 40: interno coscia, glutei o “tendine” delle braccia, quegli afflosciamenti che obbligano alla giacchetta le più devote all’aspetto. Le parti non cascherebbero più. Il trattamento sulla carta ha i suoi atout. «Esclude il bisturi, avviene in una seduta breve e non procura cicatrici» assicura uno dei maggiori sponsor in Italia, Alfredo Borriello, responsabile della chirurgia plastica all’ospedale Pellegrini di Napoli. «Unico neo: l’effetto non dura più di un paio d’anni. E bisogna escludere i casi gravi di lassità».
Un succedaneo del lifting? Fabrizio Malan, primario alla Città della Salute di Torino e presidente della Sicpre (Società italiana di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica), puntualizza: «Si possono ottenere buoni risultati, a parer mio, solo quando il rilassamento dei tessuti del viso è moderato. In questo caso adopero ogni tanto anch’io i fili di trazione, le richieste sono in aumento. È una chirurgia poco impegnativa, con costi contenuti (dai 300 ai 1.500 euro), risultati visibili quasi all’istante e tempi di recupero rapidi. Ma sia chiaro: il paragone con il lifting non regge».
Marco Klinger, numero uno della chirurgia plastica all’Humanitas di Rozzano (Milano), non usa questa tecnica, ma ammette che «ci possono essere miglioramenti nel terzo superiore del volto (la zona della fronte,ndr), per mano di un esperto, perché in effetti si attenuano le rughe». Come Malan, ritiene che non si possa tirar su più di tanto: «Se crei tessuto in eccesso che fai? Ti tieni una piega della pelle?». Il problema piega, se è minima, «si risolve in modo spontaneo» dice il presidente Sicpre. «Altrimenti si può fare una piccola escissione cutanea».
E si torna al bisturi. Klinger scuote la testa: «La verità è che, nel 70 per cento dei casi, il risultato migliore e duraturo (fino a dieci anni) dei lifting e dei minilifting viene più dal riposizionamento delle fasce muscolari che dalla rimozione della pelle». Questo, si sa, comporta scollamento dei piani cutanei, ricovero, anestesia generale e un decorso post operatorio che non è una passeggiata. Di qui l’attrazione per i fili, a metà tra medicina estetica e chirurgia. «Sono consigliati quando con i soli filler non si riescono a ripristinare le forme del viso» continua Borriello. «Nelle mie pazienti non ci sono effetti collaterali. Eventuali piccoli ematomi spariscono in pochi giorni». Come sempre, bisogna affidarsi a professionisti seri, che non intervengano con prodotti sbagliati.
I fili di trazione sono impiegati da una quindicina d’anni ma, negli ultimi tempi, le aziende li propongono in materiali nuovi: sottilissimi, riassorbibili, in acido polilattico, in goretex. In base alla faccia che ti ritrovi, sono sistemati per elevare guance, sopracciglia, o per ridurre sottomento e pieghe intorno al naso. «Il ringiovanimento è dovuto anche al fatto che il trattamento induce la produzione di collagene e riattiva la circolazione locale» spiega Malan. «Proprio questi sono i vantaggi su contorno occhi e décolleté». E dopo 18-24 mesi? «C’è una progressiva perdita di efficacia» continua il presidente Sicpre. «A mio avviso, il trattamento è ripetibile solo se sono stati impiantati i riassorbibili».
Sul volto c’è un certo consenso da parte degli ambienti scientifici. Mentre, sulle altre zone, i chirurghi si dividono. Borriello propone «fili lunghi, con più coni di trazione, per cosce, braccia, seno e glutei». Malan non ne è convinto: «Effetto a rischio su strutture che hanno un peso maggiore». Klinger è netto: «Secondo l’esperienza di colleghi di cui mi fido, meglio evitare. Difficile dare lo stesso tipo di tensione a entrambi i glutei. Idem per interno cosce e braccia, dove i tessuti sono delicati. E poi mi dicono che in quelle zone sono dolorosi sia l’intervento, sia il post. Il gioco non vale la candela».